Sant’Antonio Abate, il fischietto in terracotta, il carnevale

Festa di Sant'Antonio Abate a Rutigliano

Se c’è una festa in cui religione, cultura popolare e tradizioni si mescolano così come solo la storia e il tempo sanno fare, questa è proprio la festa di Sant’Antonio Abate, che a Rutigliano è legata indissolubilmente alla fiera del Fischietto in terracotta. Le due cose, culto del santo e fischietto in terracotta però, non nascono insieme.
Bianca Tragni, studiosa di cultura e tradizioni popolari, in un interessante libro sull’argomento -pubblicato nel 1989- dice «che quando in epoca presumibilmente medievale è stato introdotto a Rutigliano il culto di S. Antonio Abate il fischietto già esisteva come oggetto ludico o culturale».

Il fischietto, dunque, è un oggetto antico che affonda le sue radici nel passato medievale e rurale della civiltà contadina, come dimostra l’esemplare trovato diversi anni fa nella grotta di Cala Scizzo a Torre a Mare, un fischietto (datato tra il1300-1400) raffigurante il tipico galletto che ritroviamo ancora oggi in mille forme e colori sulle bancarelle degli artigiani. Ora, come sia successo che un santo così austero, così chiuso nel suo rigido ascetismo, così immerso in una spiritualità quasi aristocratica, patrocinasse la fiera di un oggetto molto terreno, legato al gioco, al divertimento e alla festa come il fischietto in terracotta, è veramente un mistero.

S. Antonio è nato e vissuto in Egitto e pare che la sua popolarità in Europa sia dovuta alla leggenda che lo voleva costantemente impegnato nella lotta contro il diavolo, a cui -con trucchi e stratagemmi- sottraeva le anime. Questa caratteristica, insieme a quella che lo voleva anche taumaturgo e guaritore, interessò molto i contadini medievali che, sempre alla ricerca di santi e protezioni divine, elessero S. Antonio a protettore della produzione agricola, delle stalle e degli animali domestici. Non è un caso che proprio gli animali domestici giochino un ruolo importante nella “soggettistica” tradizionale dei fischietti, e tra gli animali quello che prevale su tutti è il gallo, per ovvie ragioni allegoriche riferite alla sua virilità.

Oggi forse meno, ma fino a qualche anno fa a Rutigliano, in occasione della fiera del fischietto, la tradizione voleva che i fidanzati regalassero alle proprie fidanzate il tipico fischietto del gallo; l’allusione alla simbolica valenza sessuale dei due elementi, il fischio e il gallo, qui è molto chiara.C’è un animale che, forse più di ogni altro, rappresenta un elemento più diretto di fusione fra la figura, il culto di S. Antonio Abate e la tradizione dei fischietti, ed è il maialino, anticamente molto raffigurato. Nella classica iconografia popolare il santo, infatti, è raffigurato con un porcellino ai suoi piedi che la leggenda vuole essere un demone da lui ammansito. Una immagine probabilmente scaturita dal fatto che in passato i frati dell’Ordine degli Antoniani curavano il brutto e contagioso male dell’herpes zoster-detto non a caso “fuoco di S. Antonio”- con il grasso del maiale.

Questi elementi, che sollecitano in qualche modo il riferimento alla figura del santo, si sono col tempo un po’ attenuati. Oggi sulle bancarelle degli artigiani e degli hobbisti l’antropomorfismo prevale sul zoomorfismo; le raffigurazioni ceramiche più diffuse infatti hanno per soggetto l’uomo: dal prete alla donna formosa, dal carabiniere al dottore, dal giudice al sindaco fino ai politici e così via. Vere e proprie “maschere” col fischietto applicato spesse volte sul deretano a mo’ di gesto dissacratore e di sberleffo soprattutto dell’autorità.

Sembra che attraverso le raffigurazioni caricaturali tipiche dei fischietti la gente umile, il popolo di una volta, si prendesse gioco di quelle figure sociali rappresentative dell’autorità costituita. Un “lusso” concesso e tollerato solo nel breve spazio temporale della festa del fischietto, un po’ come accadeva col carnevale. E qui viene al pettine quello che secondo me è l’aspetto più interessante del fischietto e della sua tradizione. 
Il 17 gennaio non è solo la festa di S. Antonio Abate e del fischietto, è anche il primo giorno di carnevale, l’inizio del momento più festoso e scherzoso dell’anno (“carnevale ogni scherzo vale”).

La contemporaneità di questi due eventi, la vicinanza della fiera al carnevale, ha probabilmente fatto sì che si innestasse su una preesistente e antica produzione figula l’allegria, la festa e l’ironia tipiche del carnevale. Che cosa sono in realtà questi manufatti in terracotta se non grotteschi pupazzi, vere e proprie maschere fischianti, «figurette veristiche o paradossali, goffe o ironiche, buffe o sarcastiche che, nella loro tipologia tradizionale e nelle loro espressioni caricaturali, ravvisano il vero spirito del Carnevale che è spirito di scherzo, sberleffo, presa in giro, satira, capovolgimento di valori».

E’ questo aspetto, questo spirito -qui così magistralmente descritto dalla studiosa citata prima- che fa della festa del fischietto in terracotta di Rutigliano una meta di “pellegrinaggio”, un momento di attrazione per migliaia di visitatori e appassionati collezionisti che da tutta la provincia e oltre vengono ogni anno a visitarla per poi comprare, con interesse culturale o semplicemente con allegria, un manufatto carico di significato e tradizione popolare; un manufatto che, tra l’altro, è una sintesi riuscita fra artigianato e arte molto ben rappresentata dai nostri maestri figuli.

Fonte: Gianni Nicastro – Pubblicato su Rutiglianoonline

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